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venerdì 18 maggio 2012

La Lavorazione Della Pietra IV

Una volta tracciata, veniva fatta "la spuntà", che consisteva in una serie di fori lungo la linea segnata, realizzata mediante l'utilizzo del mazzuolo e di una punta di ferro. Seguiva poi la sistemazione dei "punciot" che venivano messi ad una distanza variabile in base allo spessore del blocco da lavorare. Quando questi non erano sufficienti, venivano sistemati lungo lo spessore del blocco, i cosiddetti "trincant".
Il blocco viene selezionato in seguito ad una battitura dei "punciot", tramite la mazza, veniva tagliato; era questo un lavoro molto faticoso, a quei tempi non si utilizzavano i mezzi attualmente disponibili in commercio.
Dall'operazione di taglio, si otteneva la porzione di blocco destinata a spaccatura, che i cavatori chiamano "burà".
Le fasi di spacco cominciavano con la ricerca del filone migliore presente nella parte centrale del blocco, quindi con l'utilizzo della mazza e del tipico attrezzo, chiamato in piemontese " 'l bach", si iniziava la lavorazione, prendendo dalla parte anteriore e percorrendo tutto il masso. Si ripeteva poi la stessa sequenza in tutti gli altri filoni; in tale fase era necessaria la presenza di due persone, uno doveva tenere il "bach" mentre l'altro colpiva con la mazza.
una volta suddivisa in fogli tutta la pietra, questi venivano rimossi e trasportati agli appositi luoghi di carico, localmente detti "cariur"; qui erano separati in base agli usi e successivamente condotti a valle con vari mezzi.
Riguardo a questa fase di lavorazione, comune a tutte le cave, esiste una testimonianza trasmessa da un ex cavatore, Marco Piccato, al gruppo di "Da Pare 'n fieul" sul finire degli anni sessanta. 
       " Alla sea...quando siamo arrivati vicino alla rocca abbiamo trovato un blocco le cui dimensioni erano: 25 metri di lunghezza e 8 o 9 di larghezza. Presentava un solo taglio nella sua metà ed una pendenza favorevole alla lavorazione.
Su quel blocco abbiamo lavorato 3 anni.
Quando sistemavamo i cunei fino al primo spaccato, non era ancora molto pericoloso perchè il blocco avanzava fino al luogo destinato al carico, ma dalla metà in avanti la distanza era maggiore per cui sistemavamo i cunei e poi si inserivamo sotto al blocco il "curlu" perchè potesse scivolare in avanti. Con i palanchini sollevavamo il blocco (magari in 10 o 12) fino all'altezza di 30 cm circa, sistemavamo i cunei per la "sara" e il "curlu" e poi di corsa uscivamo dalla cava, mentre per Pruciòt (Turina) con una mazza faceva volare i cunei disotto sul blocco in modo che esse, cadendo sul "curlu", scivolasse fino al "cariur" (zona di carico).
Il blocco in questione però, essendo più largo dell'ingresso della cava, non riusciva a passare per cui lo lavorammo li sul posto tutti e quattro armati di riga e squadra e prima di notte riuscivamo quasi sempre a tagliarlo tutto e l'indomani mattina eravamo gia in grado di caricare il prodotto finito sul camion e portarlo a valle."   
Con questo possiamo capire come la fatica da impiegare, per scaricare ogni singolo blocco di pietra fosse elevata, in particolare questi casi, quando si incotravano massi enormi.

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