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venerdì 11 maggio 2012

La Lavorazione Della Pietra III

La fase successiva alla pulizia era quella di "feje 'l test a la gava" (fare "testa" alla cava), ossia pulire la parte anteriore del masso sano.
Da qui in poi iniziava la vera estrazione della pietra; con la sistemazione dei cunei, si dava avvio alla fase, detta in temini locali, "fè l'encugnà"(fermarle). I cunei dovevano essere sistemati in maniera giusta, in modo da facilitare la divisione della pietra in fogli di diversi spessore. Era necessario, per una giusta operazione, osservare bene che il masso avesse un bel "distacà"(feritoia) e che questa fosse continua per tutta la lunghezza del blocco. Lo spessore dell' "encugnà"(fermo), il cui scopo era quello di facilitare lo staccamento dei vari spessori (le venature) del blocco, tramite palanchi, per sollevare determinati spessori di pietra dove c'erano le feritoie, facendo la "sarà"(la chiusura), fase in cui venivano fissati nella fessura tre cunei, uno sull'altro, sempre per facilitare il distacco.
A questo punto, nella maggior parte dei casi, la presenza dei soli lavoratori di una cava non era sufficiente per staccare il masso tramite sollevamento, viste le dimensioni ed il peso; si ricorreva allora a chiedere aiuto ai cavatori più vicini ed anche a quelli lontani.
Il numero delle persone necessarie per far lava era abbastanza elevato infatti:
"Al  "Brich d'ij Vot" eravamo sempre da ottantacinque a novanta in su e a volte addirittura anche cento a afr lava..."  (testimonianza di Marco Piccato classe 1914).
Questo fatto ci fa notare come la vicendevole collaborazione tra cavatori fosse importante in determinati casi; nelle cave erano infatti tutti amici, perchè l'aiuto vicendevole era fondamentale.
Nel compiere la "sarà", i cavatori si disponevano, uno accanto all'altro lungo il masso ed infilavano il palanchino nella fessura creata con i cunei; al grido di colui che faceva da guida, iniziavano a sforzare facendo leva. Chi guidava il lavoro, doveva essere abbastanza abile ed esperto, doveva infatti guardare che tutti avessero il palanchino ben messo, per la buona riuscita del lavoro, e soprattutto per non andare incontro a disgrazie.
Gli operai, che erano sottoposti a fare leva, dovevano agire in coordinazione ed occorreva che prestassero particolare attenzione agli ordini degli addetti, infatti, quando alla fine questi urlavano "l'è bun-a" (è buona), bisognava che tutti i palanchini venissero tolti nel più breve tempo possibile; una breve svista poteva causare gravi danni a tutta la gente ivi presente.
Quasi sempre la persona addetta alla "sarà" si trova a bocconi sopra " l'encugnà".
Al termine del sollevamento, i cavatori si sistemavano due per ogni "sarà", il cui numero variava in base alla lunghezza dell' "encugnà", e mediante una mazza ed un palanchino, la buttavano giù; tale fase veniva detta in  piemontese "descrichè la pera" (liberare la pietra). Il distacco del masso avveniva un po' alla volta al suo termine il cavatore più anziano della cava ringraziava i convenuti per l'aiuto prestato e ricordava ad essi che da quel momento in poi erano in libertà.
Ogni gruppo, dopo una chiacchierata, ritornava quindi alla propria cava, mentre i lavoratori di quella interessata, iniziavano a lavorare il blocco estratto.
Come prima operazione, veniva compiuta una pulitura generale per poter osservare il masso che non presentasse difetti ed in seguito, con l'aiuto di una squadra, una riga, ed un carboncino segnavano il perimetro di tutta la pietra lavorabile.

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