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martedì 24 aprile 2012

La Lavorazione Della Pietra

"Nella persona extranea et quae non habitet in Bagnolio, possit audeat vel presumat... vel habitare in montanea Bagnolij vel ibi... facere ressiam... fornaces calcinaria facere vel coquere".
Queste frasi, contenute in un documento del 1338, costituiscono la prima testimonianza storica riguardante lo sfruttamento e l'utilizzo delle pietre sui monti dei Bagnolo. Gli stessi argomenti vengono successivamente ribaditi, in una sentenza arbitraria del 1446, tra la popolazione bagnolese ed il conte Malingri.
Bricco dei Volti, Bagnolo, anni Venti
(presa dal libro "pietra di Luserna)
Nel IV secolo ci furono i primi "affitti" del suolo pubblico a privati; lo scopo era quello di fare estrarre pietre da destinare alla costruzione della nuova capitale del regno sabaudo, visto il trasferimento della capitale del Ducato di Savoia da Chambery a Torino.
Tra la fine del Medioevo e l'inizio del era moderna, lo sfruttamento delle pietre non era quindi paragonabile a quello attuale; in un documento del 1715, nel quale vengono elencate tutte le proprietà comunali, viene infatti citata solamente la presenza sui monti bagnolesi di una miniera di ferro, poco fertile ed in disuso da circa quarant'anni.
Tale situazione di abbandono delle montagne, rimase stabile per molto tempo; una descrizione del territorio del 1721 cita "duemila giornate di monti nudi". con una serie di località: "Turlo, Resia, Crosij, Friolant, Pian del Marro...", descritte come "monti di difficilissimo accesso... perciò la comunità non ha mai ritrovato nè a vendere nè ad affittare...".
Cava Bagnolese anni quaranta
(presa dal libro "pietra di Luserna")
Ciò non esclude però che nel corso del XVI sec la pietra continuasse ad essere estratta; Ad lavorarla, in questo periodo, erano principalmente alcuni pastori che la utilizzavano come materiale da costruzione per le "meire" o per i muretti di sostegno dei pendii coltivati. Pare che in questo periodo iniziarono ad affermersi i primi "lusatiaire", ossia i lavoratori della pietra, che salivano alle cave dette a livello locale "lusere", per poi condurre al piano le famose "lose" lavorate.
Nel secolo successivo, con la rivoluzione industriale ed i radicali cambiamenti a livello sociale, si è giunti ad una valorizzazione della pietra, con uno sfruttamento organizzato delle cave.
A partire dall'800 in poi, nell'economia locale, il ruolo della pietra assunse sempre maggior valore; risalgono infatti agli inizi di questo secolo le prime forme di regolamenti e statistiche.
lo storico saluzzese nonché vicepresidente della provincia di Saluzzo, Giovanni Eandi, nel suo libero "Statistica della provincia di Saluzzo", riporta un importante tabella recante dati sull'estrazione della pietra a Bagnolo relativa all'anno 1833.


LUOGHI DELLE CAVE ==> Bagnolo

DENOMINAZIONE ED USO DELLA PIETRA ==> Micascisti, Lastre, Pei tetti e Pei pavimenti e muri di                                                cinta

NUMERO DELLE CAVE IN OGNI LUOGO  ==> 42

NUMERO DEGLI OPERAI ==> 84

QUANTITÀ MEDIA DEL LAVORO ANNUO ==> 500 tra buchi lineari di lastre per cinta di muri II. 3 cad. tra buchi quadrati di lastre da tetto, e pavimenti a II. 12 cadauno

PREZZO TOTALE DEL LAVORO ==> lire 1500

AVVERTENZE SPECIALI  ==> queste pietre si estraggono dai monti al nord ovest, ed alla distanza di ore 4 da Bagnolo, dove si  conducono a carico di mulo per essere venduti. la più comune delle grandezze delle lastre e di mm 771 x 2 m x 28mm.

Bagnolo e Barge (alcune piccole informazioni)

Bagnolo e Barge sono pressochè simili dal punto di vista geografico, entrami sono prevalentemente montuosi ma si estende anche una parte in declivio ed una assoluta pianura. Essa è più estesa a Barge che a Bagnolo ma essendo paludosa e malsana non fu abitata fino al '700. Tra San Pietro e Villaretto a destra  della strada provinciale il territorio rimase paludoso fino al secolo scorso e questa era una ragione in più per la popolazione per rimanere sulla costale alpina. Fino al '800 l'intera zona era isolata dai medi centri sociali (Saluzzo, Pinerolo) a causa della mancanza di ponti stabili e per la presenza dei troppi fiumi, ma con la costruzione delle ferrovie e dei ponti (es il ponte di Bibiana che collega con Bricherasio e Luserna) le possibilità di socializzare e commerciare aumentavano notevolmente. Con l'unificazione italiana , Barge e Bagnolo passarono a rango di "paesi al confine d'un piccolo Stato regionale, ma vicino al potere centrale di questo" (Torino distava appena una sessantina di chilometri da Barge e pochi di meno da Bagnolo). a "luoghi di periferia, lontani 800 chilometri dai ministeri".

lunedì 23 aprile 2012

La Nascita della Comunità

Bagnolo P.Te e Barge sono due comuni della regione Piemonte, al confine tra la provincia di Cuneo, nella quale sono ricompresi amministrativamente, e quella di Torino, alla quale sono legati profondamente dall'economia e dalla cultura. Due piccoli centri, il secondo dei quali e poco più importante del primo , per abitanti e territorio. La profonda interazione tra loro, ci obbliga, entro certi limiti, a trattarne quasi come fossero una cosa sola. Pur distando appena 4 chilometri l'uno dall'altro, tuttavia, entrambi presentano peculiarità tali da differenziarli, ma si tratta spesso di sfumature, che non vengono colte dal forestiero.
 Barge, anche se risentì sempre del fatto di non essere una cittadina situata allo sbocco di una vera vallata, ma solo di valloni minori e di essere tagliata fuori sia della Valle Po, che da quella del Pellice, riuscì, tuttavia, a sviluppare un agglomeramento storico di una certa importanza. Bagnolo, invece, nel periodo accedente il secolo XX, non era che un gruppo di borgate, che si trovano tutte, in epoca feudale, sotto la giurisdizione della casata comitale dei Malingri. Proprio il feudalesimo marcò la differenza tra le due località confinanti. Infatti, Barge perdette il proprio consortile signorile già nel XV secolo e ciò avvenne a tutto vantaggio delle formazioni di forti strutture comunali. La cittadina, caduta definitivamente in mani sabaude nel 1363, dopo un periodo di aspre contese tra conti di Savoia e marchesi di Saluzzo, casate che furono entrambe titolari di una quota feudale, venne trasformata dai Savoia-Acaia, prima, e dal ramo cadetto sabaudo, poi, in un'importante piazzaforte strategica, che fu vera e propria "spina nel fianco" per il rivale marchesato. Anche se un rapporto feudale continuò ad essere ancora per secoli, esso fu più che altro di natura economica, riducendosi a decime e donativi a favore dei Savoia (anzi, per meglio specificare, a partire dal XVII secolo, "a favore dei Savoia-Carignano", infeudati dal ramo principale). Già nel XVI secolo, venne creato un mito circa la "fedeltà ad oltranza" di Barge verso il casato sabaudo: "Barge may e stata stancha / di servir la Croce Biancha / sempre may è stata francha / e tutta sua possanza a servire li vuol dare", così scriveva proprio in quel era il poeta Giacomello da Chieri, detto il "Ghinghelinghino", nella propria opera poetica "El Piemonte è 'l primo fiore".
stemma di Bagnolo
 Invece, per Bagnolo, le cose stavano in modo diverso: il potere del conte Malingri di Bagnolo, feudatario minore, invalso a seguito della caduta del consortile nobile primitivo, vi rimase quasi indiscusso fino alla Rivoluzione Francese. E' vero che, anche qui, esistette una "Comunità" fin dal XIII secolo, ma questa era una specie di "condominio" tra il nobile feudatario e i villani liberi (quasi tutti dediti all'agricoltura e alla pastorizia): il primo soggetto, insomma, poteva avere anche peso nella vita amministrativa della comunità, in quanto "membro nato" del Consiglio, mentre i libero potevano essere dei soggetti passivi nelle vicende feudali. Quanto alla politica attuata dai Savoia verso il territorio Bagnolese, bisogna ricordare che essi trattarono, fin dai tempi del Principe d'Acaia, di costruire una "villa nova" più a valle, rispetto alle borgate principali preesistenti (Villar, Villaretto, Olmetto, eccetera), sul luogo dove, nel XV secolo, era sorto il Monastero di San Pietro in Vincoli. Ma la gente accolse la proposta con diffidenza ed attese il XVII secolo per dare una svolta a questo movimento, che si completò solo nel secolo attuale. E non ebbe torto, in quanto San Pietro, pur trovandosi in posizione salubre, era pressochè indifendibile, visto che non esistevano nè corsi d'acqua, nè ripari naturali: ecco perchè, mentre migliaia di persone si accalcavano già entro il perimetro cittadino bargese, cinto da due forti muraglie e da un buon fossato e difeso da due castelli, la popolazione bagnolese attese che lo Stato centrale avesse garantito una sufficiente sicurezza interna, con la costruzione delle grandi fortezze alpine di frontiera, per scendere a valle. Nell'epoca medioevale, paradossalmente, conveniva maggiormente risiedere in un luogo umido, come Barge, o in uno isolato, come Villar Bagnolo, che non in una zona salubre, qual'era quella di San Pietro.
castello di Bagnolo P.te
Le due Comunità furono etnicamente omogenee? Difficile dirlo, ma proprio il maggior isolamento delle borgate di Bagnolo portò quella gente a contrarre più frequentemente matrimoni sempre nella medesima cerchia. Anche per Bagnolo, comunque, resta difficile credere che il nucleo iniziale fosse stato omogeneo, sia perchè stabilire la data d'inizio delle borgate è praticamente impossibile, sia anche perchè il meticciato fu sempre un fenomeno costante, specialmente nella penisola italian, abitata da tempi remoti e continuamente percorsa da conquistatori, che, spesso, erano tribù federate, ma di provenienza assai differente.
 A Barge, la mescolanza tra famiglie di diversa origine fu frequente fin da tempi antichi e solo alcune borgate (Gabiola, Ripoira) si dimostrano più conservatrici. Quando il centro venne distrutto. nel 1363, vi perirono un centinaio di uomini del luogo ed esso venne ripopolato da gente proveniente dalle terre dei Savoia (probabilmente, quegli stessi Chieresi e Moncalieresi incaricati delle ricostruzioni delle mura, da loro, prima, atterrate). nel '500/'600, vi si alternarono guarnigioni al soldo della Francia, ma composte in massima parte da Marchigiano-Romagnoli e soldatesche al soldo della Spagna, nelle quali militavano Sardi, Corsi e Napoletani (in senso lato): centinaia di uomini (il solo "castelnovo" ne ospitava 300), per lunghi anni... Si aggiungono a ciò le scorribande di veri e propri Tedeschi e Francesi e occasionali comparse di condottieri albanesi o catalani o inglesi, mandati dalle più varie potenze europee con la inevitabile scia di violenze e stupri. Nel XVII sec le montagne del Bargese furono luogo di rifugio per gli abitanti delle pianure cavuoresi, la maggior parte di essi non ritornarono mai alle loro case tanto che, l'ormai vuota Cavour fu ripopolata con l'induzione di famiglie monergalesi. Detto ciò parlare di etnie può risultare molto difficile, anche se molti cognomi attualmente esistenti si possono riscontrare anche in documenti datati XII/XIII non può considerarsi un dato attendibile: i cognomi non sono cromosomi.

sabato 21 aprile 2012

STORIA

stemma dei Savoia

" Tutti erano poveri e nessuno era misero" diceva Peguy, parlando delle società del passato ed avendo parzialmente ragione. Certamente ci saranno state minori le libertà e la piramide sociale molto più cristallizzata, ma quasi da soli, artigianato e agricoltura erano riusciti a dare solide basi all'economia. Questa non poteva essere paragonata a quell'attuale, tuttavia, essa non creava ne alimentazione "da lavoro" ne da "mancanza di lavoro". L'artigiano, ancor più del contadino, era un "homo faber", un inventore, anche quando lavorava entro modelli consolidati. I suoi problemi potevano essere immediati e materiali, ma molto raramente erano di ordine morale, perchè possedeva valori fondamentali, che gli conferivano una solida traccia di vita e che furono assolutamente indiscussi fino all'avvento della rivoluzione industriale. Il fatto di continuare una tradizione familiare o locale, seppure rivissuta alla luce dei tempi nuovi ad attraverso nuovi segni, era per lui, in primo luogo, un vanto e, poi, il simbolo della felicità ad un impegno verso la prosperità. Anche quando fosse stato un innovatore in politica, preferiva essere un conservatore nella quotidianità, fatta di piccole cose e di gesti metabolizzati. Tutto ciò era un "patrimonio". Esso fu un pilastro dell'economia locale, in un territorio che costituì un punto d'incontro di varie civiltà (ligure, celtica, greco-ellenistica, romana, tardo gallo-romana e, ancora, barbarica, occitana, franco-provenzale e padana) e subì, in epoca moderna, varie dominazioni (francese e spagnola), vide le guerre di religione tra cattolici e protestanti e l'adesione, dal XV secolo in poi, delle classi superiori alla cultura italiana, verso la quale fu indirizzata l'intera popolazione, per volontà dei Savoia.
operai nella "cava Cassetta" anni trenta
presa dal libro "la pietra di luserna"
 Questa casata, a partire da Emanuele Filliberto, riuscì a convincere con i fatti la gente, anche quella umile, ad essere fedele, prima ancora che le popolazioni si ponessero domande sulla rispettiva identità, che avrebbe potuto essere occitana, franco-provenzale, piemontese, francese o italiana. Nel Medioevo, gli abitanti gli abitanti delle zone prese in esame si definivano semplici "cristiani" e, successivamente, si sentirono "sabaudi": fedeli sudditi della Corona, anche se parlavano un dialetto del tutto diverso da quello di Torino, perchè fortemente influenzato dall'occitano alpino, se vivevano in abitazioni di stile franco-provenzale, penetrato dalla Val Susa e se erano stanziati al confine con quel grande Stato assolutistico e culturalmente livellatore, che era il Regno di Francia. Questo "popolo sabaudo" cercò di scegliere ciò che ritenne meglio per se stesso, prendendolo a prestito delle grandi culture che lo circondavano, perchè non possedeva uno spirito fortemente inventivo: le sue caratteristiche migliori erano certo altre...Emanuele Filiberto di Savoia aveva preso in mano un popolo dedito a "pan, vin e tamburin", come scrivevano gli ambasciatori di Venezia, ancora legato fortemente al mondo mediterraneo e lo aveva trasformato in un altro: riflessivo, militaresco, chiuso, ma formalmente cortese, retto da un'animazione che viveva del mito dell'inflessibilità (anche se, spesso, aveva troppo bisogno di denaro, per essere veramente seria). le vicende di cui si narrerà saranno principalmente storie di quelle genti e dei loro discendenti.
operai nella "Cava Cassetta" anni trenta
tratta dal libero "la pietra di luserna"
 Naturalmente, dopo la rivoluzione industriale, chi scese in pianura non volle più vivere come i propri padri; credette di poter migliorare e, almeno sotto il profilo economico, il più delle volte, vi riuscì. Comunque, modificò il suo patrimonio culturale originario o, meglio, lo mutò con un latro. La cultura piemontese gettò il proprio mantello su quella occitana, oscurandola e lasciando che venisse intesa come "meno civile". Ma, come tutti i manti culturali, anche quello fu, fin dall'origine, già forato ed è proprio attraverso tali fori, che noi, oggi, dobbiamo gettare lo sguardo, per comprendere ciò che fu. Qualche volta, utilizzando questo metodo, si potrà tornare indietro solo di qualche centinaio d'anni, altre volte, di migliaio, ma non è importante. Ciò che d'avvero conta è che si tratti di uno sguardo equilibrato, che eviti di rifugiarsi nella facile lode o denigrazione "temporis acti", cioè di ciò che fu e che si è sciolto con le "neiges d'antan". 

venerdì 20 aprile 2012

Parole del Presidente della Regione Piemonte ON. ENZO GHIGO

La "pietra di Luserna", denominazione con la quale da oltre un secolo si indica il pregiato gneiss lamellare estratto nel bacino compreso fra Barge, Bagnolo Piemonte, Luserna san Giovanni e Rorà. ha ora la sua patente di nobiltà, grazi e al marchio di riconoscimento voluto e realizzato dall'Amministrazione di Luserna san Giovanni.
per degnamente ricordare l'avvenimento, la stessa Amministrazione ha promesso una serie di studi storici, tecnici e sociologici che evidenziassero le varie e molteplici realtà in rapporto alla zona di origine.
Le cave di Montoso (Bagnolo P.te)
Da quasi 100 anni, l'attività d'estrazione dello gneiss è divenuta una delle principali fonti di reddito, sia per la popolazione di Bagnolo Piemonte, che per l'Ente pubblico locale (soprattutto). Ciò è avvenuto per la tenacia di chi ha creduto che si dovesse guardare al futuro, scommettendo ed investendo energie e lavoro su questa grande risorsa delle nostre montagne.
Cavatori bagolesi negli anni Trenta
(estratta dal libro: la pietra di luserna)
Oggi le macchine hanno sostituito il lavoro animale ed in parte quello manuale, ma quello che più impressiona nella storia delle cave sta nel contenuto umano che emerge da ogni racconto dei vecchi cavatori, gente per lo più riservata e schiva, cresciuta a contatto della natura e carica di esperienza legate ad essa.
Essi erano dei pionieri che pur di non andarsene dalla propria terra, hanno accettato una vita difficile sui monti, mantenendo sempre un grande amore per la libertà.
Ed anche oggi, dopo la grande trasformazione tecnico-industriale, i cavatori rimasti su quelle montagne hanno mantenuto intatte quelle qualità.